RICORDIAMO MIRELLA
Se n'è andata una lottatrice senza sosta
Militante instancabile della comunità italiana, attivista per i diritti umani, fondatrice del patronato Inca, senatrice. Mirella era tutte queste cose e una sola: un riferimento indimenticabile per tutti gli italiani all’estero.
"Impazziva quando vedeva un'ingiustizia – dice María Rosa Arona, compagna di Mirella Giai nel patronato INCA/CGIL –. Il lavoro che ha svolto per la comunità è stato immenso. Si occupava in prima persona delle cose che preoccupavano le persone”.
Parlare di Mirella è parlare anche di suo padre, Federico Giai. Durante il fascismo si è dimesso da un alto incarico in un'azienda del Nord Italia ed è stato attivo nella Resistenza. Perseguitato, ha dovuto nascondersi con la moglie (originaria di una famiglia dell'alta borghesia italiana) e i loro tre figli in un convento. Durante l'occupazione tedesca ha fatto parte della mitica brigata partigiana Garibaldi, dove ha raggiunto il grado di comandante.
Dopo la guerra si è stabilito a Rosario con Mirella e un’altra figlia. La sua ex compagna e il figlio erano rimasti in Italia.
Chi ha conosciuto Mirella assicura che da lui ha ereditato il suo amore per il comunismo, il suo rispetto per l'umanità e la sua capacità di lavoro e di comando. Anche la serietà e la responsabilità con cui affrontava i suoi progetti, soprattutto quelli collettivi.
Mirella era un'attivista per i diritti umani. Negli anni '70, durante la peggiore dittatura civico-militare subita dall'Argentina, ha lavorato clandestinamente con l'allora console Enrico Calamai per aiutare i perseguitati politici a lasciare il Paese.
Mirella è stata tra i fondatori del patronato argentino INCA, a metà degli anni '60, dopo la firma del primo accordo di collaborazione tra Italia e Argentina in materia previdenziale e lavorativa. Negli anni '80, dopo la firma del secondo accordo tra i due Paesi, Mirella ha incominciato a ricoprire incarichi dirigenziali e a organizzare e pensare la struttura del patronato in tutta l'Argentina, insieme a Filippo Di Benedetto, un altro importante dirigente della comunità italiana in Argentina.
Nel 2006 si sono svolte le prime elezioni degli italiani all’estero. A quel tempo, Mirella faceva parte dei Democratici di sinistra, il nome assunto dal Partito Comunista Italiano dopo la “svolta” degli anni '90, a cui lei stessa aveva partecipato. Si è presentata come candidata dell'Unione – la coalizione che ha portato Romano Prodi al governo – al Senato.
Mirella ha ottenuto molte preferenze, ma non abbastanza per vincere. “Per pochissimi voti ha perso contro il candidato brasiliano Edoardo Pollastri, cosa abbastanza difficile da credere”, spiega María Rosa.
Mirella non era convinta del risultato e, due anni dopo, la Giustizia italiana le ha dato ragione. Il conteggio finale dei voti indicava che era stata lei la vincitrice di quelle elezioni: lo scrutinio aveva erroneamente attribuito a Pollastri i voti di Mirella in Venezuela. Alla fine, proprio quando quella legislatura si stava concludendo, le hanno riconosciuto la carica politica.
Ma qualcosa si era rotto. Mirella sentiva che i suoi compagni in Italia non l'avevano sostenuta nella sua causa presentata davanti al Tribunale elettorale. Allo stesso tempo, vedeva come "i principi del partito non erano più gli stessi che aveva sostenuto per tutta la vita – ricorda María Rosa –. E come per quelli della sua generazione, il partito è stato un pilastro molto importante nella sua esistenza".
Per questo nel 2008 si è candidata nella lista del Maie (Movimento associativo italiani all'estero) ed è stata eletta senatrice fino al 2013. “Mirella era una combattente, ha dedicato la sua vita alla comunità – racconta Darío Signorini, presidente del Comites di Buenos Aires e membro del Maie –. Aveva molta umiltà, coerenza di vita. Quando ha dovuto insediarsi come senatrice, ha alloggiato in un convento a Roma, perché non sapeva quanto avrebbe guadagnato”.
"Era rispettata da tutti – dice María Rosa Arona –. Anche chi non era di sinistra la votava. Diceva ciò che pensava e ciò in cui credeva ovunque. Tutti la riconoscevano. Era un punto di riferimento molto importante per la comunità”.
Quelli che hanno conosciuto Mirella concordano sul fatto che si prendeva cura dei suoi compagni. Li coinvolgeva.
"Era una leader con incredibile integrità e moralità – conclude Signorini –. Ha lavorato fino all'ultimo momento. La comunità italiana oggi ha perso una grande persona”.
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